|
ADISTA, Nº 40, 20 de Mayo, 2002
LA "PEDOFILIA ESTRUCTURAL"
DE LA IGLESIA. EL CORAJE DE UN ANÁLISIS
Incluso si hubiera la
"tolerancia cero" hacia los pedófilos, permanecería el reticencia para
admitir y para curar la "pedofilia estructural” que oprime la iglesia
católica hoy. Ésta, según Enzo MAZZI, de la comunidad del Isolotto de
Florencia, es la contradicción que emerge en la iglesia católica, si se
analiza la gestión de las casos recientes del pedofilia en los que se han
visto implicados numerosos sacerdotes y que han conmocionado la opinión
pública por todo el mundo. La "pedofilia estructural”, explica Mazzi en
las columnas de "Il Manifesto",
se deriva de la estructura
mental de los clérigos –educados a pasar del cuerpo y de sus necesidades
sexuales y afectivas– y que radica en la doctrina católica secular que
mantiene un abierto pesimismo sobre la bondad original de la sexualidad
humana y la "sacralidad en sí" del cuerpo, del matrimonio y de la
procreación. A continuación, el artículo íntegro en italiano
il manifesto
8 maggio 2002
PEDOFILIA, L'ALIBI DEL VATICANO
Enzo Mazzi
"Tolleranza zero: è inquietante questa assunzione da parte del potere
ecclesiastico del linguaggio aggressivo tipico della destra a livello
mondiale. Ed è ancor più inquietante che nessuna voce, per quanto mi
risulti, si sia levata né dentro né fuori dalla Chiesa per denunciare una
tale aberrazione. La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un
livello di gravità e pericolosità smisurata. Ed è certamente
irresponsabile chi l'ha coperta col silenzio. Ma la "tolleranza zero" va
ben oltre i normali strumenti che la società ha approntato per sanzionare
tale crimine. Esula dalla razionalità che s'interroga sui fenomeni e sulle
cause per individuare strategie efficaci. È un messaggio che ha il sapore
della prepotenza globale. I preti pedofili sono per lo più il frutto di
una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha
impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in
condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di
studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di
anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti,
fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi
esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista
tedesco Eugen Drewermann Funzionari di Dio (Raetia, Bolzano, 1995).
In molti preti l'educazione repressiva, la condizione di vita, la
identificazione totale col ruolo, i sensi di colpa producono sofferenze,
squilibri, ossessioni, che normalmente vengono superate, se così si può
dire, in chiave ascetico-sacrificale. Quanti eroismi di dedizione totale
sono il frutto di tali macerazioni psichiche! E questo è il bene, a volte
il bene ammirevole, che viene dal male; è il positivo che scaturisce dalle
mutilazioni dell'anima e del corpo.
In alcuni preti invece tutto ciò induce a comportamenti distruttivi al
limite del suicidio e alla pedofilia. Tale fenomeno, la pedofilia del
clero, non è affatto limitato al Nord America ed è ovunque molto più vasto
di quanto emerga: affermano ciò persone che conoscono bene il mondo
ecclesiastico. Non è un prodotto del lassismo moderno, come si vuol far
credere. Anzi forse una maggiore libertà del clero anche in campo sessuale
ha contribuito a contenerlo. È un fenomeno antico, come del resto la
pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché si
sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di
denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto ed è
bilanciato da altri poteri fra cui quelli della magistratura. La quale
incomincia ad osare in campi minati come l'autonomia delle religioni e la
vischiosità dell'etica. Ripeto: il fenomeno della pedofilia del clero
nelle sacrestie, nei seminari, negli istituti, nelle scuole è vasto. Ma
anche se fosse molto contenuto è un frutto e un segno della distorsione
sia nel campo del reclutamento del clero sia in quello della sua
formazione e della sua condizione di vita.
Ai preti viene inculcato il disprezzo per il corpo, in particolare per la
sessualità, e la fobia della donna. E sono inviati in mezzo alla gente
come ministri anzi come segni personali del disprezzo per la carne.
Esagerazioni? Certo non sono più attuali gli eccessi preconciliari. Il
celibato non è più considerato, come avveniva fino alla riforma
conciliare, una condizione di vita superiore. La veste talare capace di
nascondere il corpo e di rendere incerta la identità la portano ormai in
pochi. I seminaristi non sono più costretti a spogliarsi solo dopo essere
entrati nel proprio letto e a rivestirsi prima di uscirne al mattino e non
sono più chiusi a chiave dall'esterno nella loro cameretta durante tutta
la notte. Quella rozzezza medioevale è stata sostituita da metodi più
sottili ma ugualmente repressivi. E soprattutto resta la sostanza. Che
senso ha il celibato obbligatorio del prete, sottolineo l'aggettivo
"obbligatorio", se non quello di porre una separazione netta fra sacro e
sesso? Il prete in quanto essere "consacrato" e quindi "separato" deve
astenersi dai rapporti che investano la sfera sessuale. Al di là delle
consapevolezze e della buona fede dei singoli, non è questo il segno,
incarnato da una persona, dell'esaltazione del sacro e del disprezzo per
ciò che non è considerato in sé sacro, il corpo e il sesso appunto? E non
è forse vero che il peccato per antonomasia continua ad essere
identificato nell'uso in qualsiasi modo della sessualità al di fuori del
matrimonio? Ogni pur minima trasgressione del sesto comandamento non è
tutt'ora considerata un peccato sempre grave contro Dio, peccato che solo
il prete può cancellare con l'assoluzione? Questo "non poter vivere senza
il prete che ti assolve" sembra che generi attrazione verso il sacerdozio,
cioè verso il possesso del potere di sciogliere e di legare, proprio nelle
personalità più fragili nel campo della gestione del proprio corpo e nella
consapevolezza della propria identità.
Il matrimonio dei preti potrebbe attenuare il fenomeno della pedofilia
ecclesiastica ma non risolverebbe fino in fondo il problema dogmatico e
simbolico relativo al discredito del corpo e della sessualità. Perché mai
c'è bisogno del prete per contrarre matrimonio? Perché la gestione del
corpo viene sottratta alla responsabilità personale, alle dinamiche delle
relazioni interpersonali e al laico ordinamento della società e alle sue
regole? Se la liceità morale dell'uso della propria sessualità è
sottoposta alla legittimazione di una superiore ed esterna autorità sacra
allora vuol che la sessualità in sé è peccaminosa. Una sessualità che ha
bisogno di essere purificata e per così dire "lavata" col sacramento del
matrimonio vuol dire che è sporca. Anche il prete la cui sessualità fosse
stata "lavata" e resa pura col sacramento, cioè il prete sposato, in
chiesa resterebbe pur sempre sacerdote, essere sacro dotato a sua volta
del potere di "lavare" la sessualità degli altri e quindi continuerebbe ad
essere segno di una sacralità repressiva, di una sacralità del disprezzo.
È in queste profondità esistenziali e teologiche che si annida il cancro
della disumanizzazione. Da lì, anche da lì, nasce l'inclinazione alla
pedofilia. La tolleranza zero contro i preti pedofili si presta ad essere
considerata solo un alibi per non uscire dal medioevo ecclesiastico. Il
potere ecclesiastico sembra ancora convinto che per la salvezza del mondo
non esiste nessun'altra dimensione della fede se non quella della colpa,
del sacrificio e del perdono calato dall'alto. Sarà anche un perdono
paterno e pieno di misericordia quello concesso dal potere divino di
sciogliere e di legare ma è certo fonte di angoscia perché marca e
riproduce il senso di colpa e crea dipendenza totale proprio nelle persone
più fragili per le quali se venisse a mancare quel perdono il giudizio
divino di condanna resterebbe senza appello per tutta l'eternità.
L'anello del peccato e del perdono incatena alla dipendenza dal potere di
sciogliere e di legare della Chiesa. Chi si trova nelle sue maglie è
portato a sentirsi come un bambino bisognoso della mamma, la Chiesa
appunto, per sopravvivere in senso etico, esistenziale e morale. La
confessione rigidamente individuale ora ribadita da un nuovo documento
pontificio può essere vista proprio come la saldatura di una tale
dipendenza infantile. Il perdono, di cui tutti abbiamo bisogno, è
sottratto alla rete delle relazioni e posto sotto il dominio e il ricatto
di un potere sacro, come avviene per la sessualità, l'amore e la vita.
Se si dovesse parlare di tolleranza zero bisognerebbe rivolgerla a questa
teologia e pratica che non esiterei a definire "pedofilia strutturale".
Gli esseri umani sono oggetto, come bambini appunto, dell'amore materno
della Chiesa in funzione della stabilità della Chiesa stessa perché da
tale stabilità dipende la loro salvezza eterna e la salvezza del mondo. In
nome di tale amore materno si sono accesi i roghi, si sono convertiti a
forza gli indigeni, si sono fatte guerre di religione. In nome di tale
amore si continua a educare i bambini al senso del peccato, del
sacrificio, del perdono. Sarebbe esagerato chiamare "pedofilia
strutturale" questo amore spietato per gli uomini-bambini? Per fortuna ci
sono tanti preti che non praticano più una tale pastorale che ho definito
"strutturalmente pedofila" e ci sono tanti teologi che negano il peccato
originale e la teologia sacrificale. Essi affermano che il sesso è in sé
sacro, l'amore è in sé sacro, il matrimonio è in sé sacro. Per loro il
sacramento è il gioioso riconoscimento nel cerchio comunitario del dono
divino della sacralità insito nella creazione e l'assunzione responsabile
di tale sacralità. Il sacramento, ogni sacramento compreso il matrimonio,
è fondato sulla eucaristia che vuol dire proprio "rendimento di grazie". E
Gesù è il testimone di tale sacralità e non invece il suo ricatto. Ma
coloro che sostengono questa visione della fede non sono affatto
considerati in linea, sono anzi eretici. Per la maggior parte vengono
ignorati, anche se sono tanti, finché non fanno clamore. Qualcuno più in
vista viene scomunicato o in altri modi condannato esemplarmente in nome
dello splendore della verità.
Si apre qui una contraddizione intrigante: come può essere sacra la realtà
della materia e della vita umana se il sacro è essenzialmente separazione?
Se "sacro" significa proprio "separato"? La contraddizione si scioglie
forse distinguendo il sacro come reificazione violenta del mistero e
dell'inesplorato dal sacro come anima profonda della esistenza. Ogni
potere tende a sacralizzarsi e a costituirsi in mondo a parte. Nascono il
"tempio" e il "palazzo". Nascono le teologie e le ideologie. Nasce il
concetto di Dio quale personificazione dell'alterità, "cifra assoluta
dell'aggressività umana", come lo definì Ernesto Balducci (Testimonianze
328/1990, citato più ampiamente nel mio libro in stampa presso
Manifestolibri: Ernesto Balducci e il dissenso creativo). Nasce la
casta dei chierici che divide il sacro dal profano, che istituisce come si
è visto il cerchio vincolante
peccato-sacrificio-perdono-purificazione-salvezza. All'opposto, il sacro
può essere visto come miniera profonda e fonte nascosta di inedito che
soggiace alla razionalità, alle provvisorie conquiste umane, alle
consapevolezze e alle identità acquisite o "edite". Questo secondo
universo del sacro è sì "separato" ma non dalla vita di cui invece è
l'anima segreta. Allora in che senso è separato? In quanto è "altro"
rispetto alla cultura dominante e come riserva di criticità rispetto a
tutte le sacralizzazioni delle nostre provvisorietà (ho sviluppato questo
tema nel libro La forza dell'esodo, Manifestolibri, Roma, 2001).
Cari cardinali, è contro la "pedofilia strutturale" della Chiesa che
dovreste rivolgere la "tolleranza zero", contro la sacralizzazione del
vostro potere, contro la vostra teologia e pastorale del disprezzo. E
liberate gli uomini e le donne dai pesi insopportabili che il potere
ecclesiastico ha caricato da secoli sulle loro spalle, già tanto gravate
dalla fatica del vivere, pesi che nemmeno voi riuscite a portare. Forse
non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo, e non solo quella
dei preti.
|
|