31211. ROMA-ADISTA.
Il 2 gennaio scorso l'agenzia Adn-Kronos
ha lanciato la notizia (ripresa il 3 gennaio da "Liberazione" e
dall'"Unità") di un imminente riconoscimento ufficiale del
Cammino neocatecumenale, riferendo di fonti vaticane che asserivano
essere state "già approvate" "2.500 delle 3.000 pagine di
trascrizione, tredici volumi in tutto", contenenti le catechesi
utilizzate dal Movimento. Il problema alla base del processo di
approvazione, che si trascina già da vari anni, sta nel fatto
che il Cammino neocatecumenale non si ispira direttamente al Catechismo
della Chiesa Cattolica. I catechisti del Cammino utilizzano infatti
ciclostilati e registrazioni di conferenze di Kiko Argüello
e Carmen Hernandez, fondatore e fondatrice del Movimento.
Si tratta di "Orientamenti per le équipes di catechisti per
la fase di conversione", un testo che riproduce (dai nastri) alcune
conferenze tenute da Kiko nel 1972, per i catechisti di Madrid,
e "Orientamenti alle équipes di catechisti per la iniziazione
alla preghiera", che riporta, sempre a partire da supporti magnetici,
altre catechesi di Kiko e Carmen, presso alcune comunità
di Madrid nel 1979, cui si aggiungono altre conferenze fatte a Roma
e a Madrid tra il 1977 ed il 1981.
Seppure tenute segrete, la diffusione massiccia
del verbo neocatecumenale ha fatto sì che il loro contenuto
sia ormai ampiamente conosciuto. E non sono pochi a ritenere che
i contenuti di queste catechesi pongano di fatto il Movimento al
di fuori della dottrina ufficiale cattolica.
Nessuna approvazione, riconoscimenti solo
a parole
I neocatecumenali non hanno ancora ricevuto
alcuna approvazione ufficiale da parte del Vaticano: non vi è
né un decreto di riconoscimento canonico del Pontificio Consiglio
dei Laici, né un riconoscimento in quanto associazione di
fedeli. Esiste solo un riconoscimento come itinerario di formazione
cattolica, avvenuto con la lettera di Giovanni Paolo II del
30 agosto 1990 all'allora vicepresidente del Pontificio Consiglio
per i Laici Paul Josef Cordes. In essa il papa scrisse: "riconosco
il Cammino NC (neocatecumenale, ndr) come un itinerario di formazione
cattolica, valida per la società e per i tempi odierni".
Il testo non fu preparato dalla Segreteria di Stato vaticana (delegata
a preparare i documenti ufficiali), ma fu redatto in fretta in uno
stile difforme dai Documenti Vaticani. La lettera non fu letta dalla
Radio Vaticana, né pubblicata dall'"Osservatore Romano".
Venne riprodotta solo negli Acta Apostolicae Saedis (che
raccolgono gli atti ufficiali della Santa Sede) ma, caso stranissimo,
con questa precisazione: "La Mente del Santo Padre, nel riconoscere
il CN (Cammino neocatecumenale, ndr) come valido itinerario di formazione
cattolica, non è di dare indicazioni vincolanti agli Ordinari
del luogo, ma soltanto di incoraggiarli e considerare con attenzione
le Comunità neocatecumenali, lasciando tuttavia al giudizio
degli stessi ordinari di agire secondo le esigenze pastorali delle
singole diocesi". Un riconoscimento quindi fatto senza passare per
gli organi competenti, senza aver verificato i contenuti delle catechesi,
senza aver approvato uno Statuto, non pubblicata sull'organo della
Santa Sede e per di più in qualche modo "sconfessata" negli
Acta. Tra l'altro non vi può essere approvazione ufficiale
di un movimento di laici che prescinda dall'assenso della Congregazione
per la dottrina della fede e dal Pontificio Consiglio per i laici,
previa analisi dei catechismi e degli statuti.
In Vaticano c'è chi li studia...
Fu nel 1997 che Kiko consegnò le catechesi
e cominciò la stesura dello Statuto. Ma i cardinali della
Congregazione per la Dottrina della Fede e del Pontificio Consiglio
per i Laici dovettero faticare per avere i testi in visione. Don
Elio Marighetto, nel suo libro "Segreti del cammino neocatecumenale",
sostiene che "nel 1996 il Santo Padre Giovanni Paolo II sia stato
informato delle affermazioni ereticali contenute negli 'Orientamenti
alle équipes di catechisti per la fase di conversione' e
che da allora, pur senza forti prese di posizione ufficiali, abbia
mutato radicalmente il suo giudizio sul CN. La Congregazione per
la Dottrina della Fede ha convocato più volte Kiko, segnalando
gli errori da correggere, e lo tiene costantemente sotto controllo.
'Los mamotretos' (come chiamano loro le bozze) da oltre quattro
anni (il libro porta la data di ottobre 2001, ndr) continuano a
fare la spola tra il Vaticano e la 'Villa', residenza romana di
Kiko e Carmen". Sul supplemento n. 1 del Foglio settimanale della
Parrocchia Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (Pe), Marighetto
scrive inoltre che, delle catechesi, "nel 1999, i responsabili del
CN ne hanno consegnato solo la metà, che, ripetutamente corrette
nelle espressioni 'considerate imprecise e non proprio ortodosse',
sono state rispedite con vari suggerimenti di revisione e di adeguamento
al C.C.C. (Catechismo della Chiesa Cattolica, ndr). Le Congregazioni
Vaticane hanno inviato a Kiko dei teologi, docenti universitari
di chiara fama e dottrina, per convincerlo a modificare la sua dottrina
in merito all'Eucarestia e alla Penitenza ma, per ora, sembra che
non siano riusciti minimamente a smuoverlo nelle sue convinzioni
e a indurlo a correggere le sue dottrine. Lo Statuto è stato
ripetutamente 'bocciato'".
...e chi li appoggia
Oltre a ciò che sostiene Marighetto,
bisogna però tenere conto del sostegno che i neocatecumenali
godono in Vaticano. Già nel 1997, nel numero di marzo, "Jesus"
riportava la notizia di un vicino riconoscimento del movimento,
riferendo le parole stesse del papa, pronunciate alla fine di gennaio
di quell'anno, nel corso di un'udienza concessa ad un gruppo di
catechisti neocatecumenali. Oltre alla sponsorizzazione papale,
che per quanto possa essersi affievolita a causa di sopraggiunte
perplessità, rimane di non poco valore, vi è l'esplicito
appoggio di mons. Stanislaw Rylko, segretario del Pontificio
Consiglio per i Laici, lo stesso dicastero di mons. Paul Josef Cordes.
Tra l'altro, la familiarità tra il papa e Kiko e Carmen è
sostenuta anche da"L'Espresso" (13 giugno 1996), secondo il quale
la Hernandez "ha libero accesso a Giovanni Paolo II a qualsiasi
ora, anche dopo cena quando in Vaticano è sacro silenzio.
Se l'ora si fa tarda pernotta nel soffittone, la mansarda che sovrasta
l'appartamento pontificio". L'anno scorso, durante il viaggio del
papa in Terra Santa, furono i neocatecumenali ad organizzare la
Messa da lui celebrata per i giovani sul Monte delle Beatitudini,
nei pressi del lago di Tiberiade, cui parteciparono circa 100.000
persone.
Sono comunque gli stessi neocatecumenali ad
ammettere che vi sono dei problemi dottrinali che ritardano l'approvazione
dei loro statuti e delle loro catechesi. Sul sito www.geocities.com/Athens/Delphi/6919,
curato da alcuni preti e laici usciti dal Cammino, si cita una loro
pubblicazione fatta in seguito ad una convivenza di parroci e presbiteri
di varie regioni d'Italia e dell'Albania, svoltasi a Porto San Giorgio
(Ap) dal 24 al 26 maggio 1999; al punto 4 di pagina 113 di questo
testo si legge: "noi abbiamo consegnato alla Santa Sede tutte le
catechesi fino all'iniziazione alla preghiera (catechesi iniziali,
primo scrutinio, Shemà...), in tutto sono circa duemilaottocento
pagine, delle quali abbiamo già consegnato la metà
alla Congregazione della Fede che le ha studiate facendoci delle
osservazioni per le quali abbiamo fatto delle correzioni, abbiamo
introdotto in nota i testi del Catechismo della Chiesa Cattolica,
abbiamo corretto quelle espressioni che erano considerate imprecise
o non proprio ortodosse".
Sul riconoscimento ecclesiale dei neocatecumenali
è recentemente intervenuto il papa che, il 17 aprile 2001,
ha scritto una lettera al presidente del Pontificio Consiglio per
i Laici, il cardinal Francis Stafford. Premettendo che "non
è un processo facile quello del riconoscimento e dell'accoglienza
dei carismi", il papa ha auspicato "la speranza di un felice esito
del procedimento, ormai avviato verso la fase conclusiva". Giovanni
Paolo II ha però, tra le righe, anche invitato Kiko a sottomettersi
al dicastero di Stafford, la cui autorità è stata
pienamente riconfermata "nell'approvazione dei suddetti statuti,
una volta che essi saranno debitamente redatti". Rispetto al "debitamente
redatti" il papa si è detto sicuro che il Pontificio Consiglio
potrà contare "sulla collaborazione e sullo spirito di filiale
docilità del Cammino neocatecumenale".
La fiducia del papa su tale docilità
non deve aver trovato riscontri concreti se dopo tanti anni e dopo
tante annunciate "fasi conclusive" ancora non è arrivata
l'agognata approvazione.
Da fonti vicine al Vaticano siamo venuti a
sapere che ad inizio dicembre pare sia fallito un ennesimo tentativo
di convincere Kiko ad uniformare gli insegnamenti dei neocatecumenali
alla dottrina cattolica. Il fondatore del Cammino non si sarebbe
presentato in Vaticano proprio all'incontro decisivo. Nei giorni
successivi vari vescovi e cardinali, tra cui mons. Tarcisio Bertone,
vice di Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede,
si sono recati nella villa romana di Kiko per convincerlo a cedere
sui due punti che sembrano creare le maggiori difficoltà
all'approvazione: penitenza ed eucarestia. Intanto, nel Movimento
si è sparsa la voce che l'approvazione arriverà entro
febbraio.
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31212. ROMA-ADISTA.
Kiko Argüello (all'anagrafe
Francisco Argüello), classe 1939, quando il papa, il 2 novembre
del 1980, si recò in visita nella parrocchia dei Martiri
Canadesi, raccontò al pontefice di sé: "Dio mi ha
permesso di fare un'esperienza di assurdo, di ateismo, fino a che
Lui ha avuto misericordia". Una gioventù che culmina nella
fuga da casa a 19 anni, nella conversione e nell'adesione ai Cursillos
di Cristiandad (un movimento cattolico conservatore nato
in Spagna nel 1944). Kiko, non pienamente soddisfatto dell'esperienza
nei cursillos, si trasferisce
a vivere tra i baraccati di Palomeras Altas, nel tentativo di imitare
Charles de Foucault. Nel 1964,
dopo l'incontro con Carmen Hernandez,
decide di dare il via al Cammino neocatecumenale. In quegli anni
si manteneva con uno stipendio di insegnante di disegno. Viveva
a contatto con mendicanti, barboni, drogati, insieme a loro leggeva
la Bibbia, accompagnato sempre dalla sua chitarra (e infatti la
chitarra, suonata nello stesso identico modo del fondatore, è
un must per tutti i neocatecumeni).
I primi successi con i baraccati ed i disperati della periferia
di Madrid, ma anche gli insuccessi in due parrocchie della stessa
città ("questi altri erano gente per bene, vaccinati. Era
necessario un lungo cammino perché anche loro si riconoscessero
peccatori", furono le sue parole), incoraggiarono Kiko, che si trasferì
nel '68 a Roma insieme alla Hernandez e, con il permesso dell'allora
vicario del papa cardinal Angelo Dell'Acqua,
fondarono la loro prima comunità in Italia, presso la parrocchia
dei Martiri Canadesi, retta dai padri sacramentini. Da allora il
Cammino ebbe grande sviluppo: i dati parlano di oltre 15 mila comunità
in 4.550 parrocchie e 101 nazioni, con una presenza che da qualche
anno comincia ad espandersi anche verso i Paesi dell'est europeo,
divenuta da un decennio terra di missione per il Movimento.
Tra l'altro i neocatecumenali hanno anche dei propri seminari, che
prendono il nome di Redemptoris Mater.
Il primo è nato nel 1987 a Roma, ma ne sono stati fondati
molti altri: a Varsavia, Medellín, Madrid, Bangalore, Network,
Santo Domingo, ecc. I preti che escono da questi seminari vengono
spesso inviati all'estero, specie in quei Paesi dove il processo
di secolarizzazione richiede una nuova fase di evangelizzazione
(ad es. i Paesi ex comunisti dell'est europeo). Anche singoli laici,
coppie, e non di rado intere famiglie accettano di buon grado di
andare in missione per conto del Movimento. Durante i grandi raduni
organizzati dal Movimento, sono infatti centinaia le persone che
si alzano in piedi, quando Kiko chiede alla folla: "C'è qualcuno
di voi che vuole portare l'acqua della fede nel deserto del mondo?
Chi lo vuole si alzi".
Carmen Hernandez quando incontrò Kiko era stata già
per circa 8 anni professoressa in un istituto religioso missionario.
Giovane chimica, laureata in teologia, Carmen era divenuta religiosa
ed era entrata nell'ordine delle Carmelitane Scalze. Dopo qualche
anno aveva chiesto di poter prendere i voti solenni. Sognava di
partire per l'India ma, racconta don Elio
Marighetto nel suo libro "Segreti del cammino neocatecumenale",
"non è stata ammessa ai voti solenni", pare, si racconta
poco più avanti "perché incapace d'obbedire". "Rifiutatasi
di uscire dall'Ordine", visse a Barcellona, vivendo nelle baracche,
con l'incarico di formare una équipe e inviarla tra gli indios
della Bolivia, per la missione che il suo Ordine aveva lì.
Formata una prima équipe, "si trasferì a Madrid con
lo stesso intento. Andò a sistemarsi a 500 metri dalla baracca
di Kiko e si manteneva lavorando come operaia in fabbrica e come
donna di servizio". Tra le sue letture preferite vi erano il teologo
Louis Bouyer e il biblista Xavier
Léon Dufour (le cui concordanze bibliche furoreggiano
adesso all'interno del Movimento). Conobbe Kiko tramite la sorella
Pilar "e restò sorpresa di veder pregare quella comunità
di straccioni. Da allora non pensò più alla Bolivia
e non si separò mai da Kiko.
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31213. ROMA-ADISTA.
All'interno del Cammino vengono chiamati "i faraoni": sono
quei vescovi che, per ragioni diverse, ma che spesso si possono
far risalire ad alcuni elementi comuni, si oppongono fermamente
alla diffusione del Cammino neocatecumenale (v. notizie precedenti)
nelle loro diocesi. L'antico Egitto sembra allora tornato di moda,
a giudicare da quanti sono diventati i vescovi che si oppongono
al Movimento.
Se a Roma, la città dove ha avuto inizio la loro espansione
italiana, e dove i seguaci di Kiko
godono dell'appoggio del papa, il Movimento neocatecumenale spopola
(1 parrocchia su tre vede la loro presenza), in altre città
d'Italia e d'Europa le cose per loro non procedono con la stessa
facilità. Sono infatti molti i vescovi ed i cardinali che
hanno preso una posizione dura contro il Cammino.
Nel 1987 (v. Adista 58/87), l'allora vescovo di Brescia mons.
Bruno Foresti vietò che
venissero fatti annunci di nuove catechesi nella sua diocesi (l'annuncio
è la prima forma di proselitismo che viene condotta dai neocatecumenali,
che organizzano un ciclo di incontri di catechesi per gli adulti
senza fare riferimento esplicito al Cammino). Foresti nel luglio
dell''87 aveva rilevato come, nell'esperienza neocatecumenale, "vi
fosse una visione pessimistica dell'uomo, un clima di soggezione
psicologica, una certa atmosfera di esclusivismo, una certa identificazione
con la Chiesa stessa e un certo discredito per la religiosità
degli altri", oltre che l'irregolarità e la lunghezza delle
liturgie, la sottrazione di preti alla diocesi e l'elusione del
dovere di obbedire al vescovo appellandosi direttamente al papa.
Il 2 maggio del 1990 il vicario generale di Foresti, mons.
Virgilio Olmi, nel corso di un intervento alla IV assemblea
del Consiglio presbiterale diocesano, indicò alcuni criteri
pastorali (v. Adista 48/90) per superare almeno in parte il divieto
per il Movimento di operare per la diocesi.
A Torino il card. Giovanni Saldarini
ha messo in riga il Movimento, emanando nel 1995 un decreto contro
di loro (v. "il Regno" n. 12/95). Nello stesso anno, il 25 marzo,
a Firenze il card. Silvano Piovanelli
inviò una lettera a tutti i sacerdoti della diocesi per metterli
in guardia dall'eccessiva tendenza egemonica e settaria del Movimento
nelle parrocchie (v. "il Regno" n. 15/95). l'"Espresso" (13 giugno
'96), riporta alcune sue dure dichiarazioni sui neocatecumenali:
"si credono migliori degli altri", "impongono la loro presenza come
l'unica strada per vivificare la Chiesa", "dividono le comunità
parrocchiali con rigide chiusure, incomprensioni e sospetti". Sempre
nel 1995 padre Enrico Zoffoli,
passionista e docente di teologia, pubblicò un volume che
raccoglieva una grande quantità di documenti e testimonianze
sui neocatecumenali, e che aveva per titolo "Verità sul cammino
neocatecumenale", in cui soprattutto si sollevavano dubbi circa
l'ortodossia degli insegnamenti di Kiko e Carmen
(v. Adista n. 51/96). La lettura del testo produsse alcune autorevoli
considerazioni: l'arcivescovo
di Lecce, mons. Cosmo
Francesco Ruppi, del libro disse: "spero possa sensibilizzare
de visu il nostro card. Presidente
che è... prossimo al S. Padre"; mentre il vescovo di Trieste,
mons. Lorenzo Bellomi, rivolgendosi
all'autore, commentò: "rimango stupefatto che la S. Sede,
con tutti i mezzi in suo possesso, possa non conoscere la realtà
da lei denunciata … Quanto ha scritto mi impressiona e ne parlerò
con i fratelli vescovi". Lo stesso Bellomi nel marzo 1989 decise
di emanare alcune direttive (pubblicate nel 1990 su "Palestra del
clero" alle pagine 377-380), per uniformare la catechesi di ciascuna
parrocchia, compresa quella dei neocatecumenali, ad uno stesso progetto.
Tanti appelli alla Santa Sede ed al card.
Camillo Ruini rimasero senza
frutto, se è vero che lo stesso presidente della Cei rimproverò
Zoffoli, invitandolo "fermamente" a "non sostituirsi agli Organi
competenti e a non emettere, sia pure con buone intenzioni, giudizi
personali e prematuri su temi che riguardano l'ortodossia di realtà
ecclesiali, o addirittura del Santo Padre".
A Palermo, il 22 febbraio 1996, come ultimo atto di governo prima
del suo ritiro, il card. Salvatore Pappalardo
promulgò un testo, dal titolo "Cammino neocatecumenale -
diocesi e parrocchia", che vieta ai seguaci di Kiko di continuare
a dir messe di gruppo a porte chiuse, e anche di celebrare la veglia
pasquale isolati dal resto dei fedeli (v. "il Regno" n. 9/96).
L'1 dicembre 1996 la Conferenza episcopale pugliese scrisse una
"Nota pastorale ai presbiteri", in cui si analizzavano in maniera
molto severa alcuni aspetti del Movimento, ad esempio il fatto che
il Cammino attuasse le sue catechesi "senza riferimento ai piani
pastorali della Cei e delle diocesi"; criticò anche l'"eccessiva
uniformità" nella liturgia "spinta a volte fino ai minimi
particolari", il rapporto dei neocatecumenali con la parrocchia,
il ruolo dei presbiteri all'interno del Movimento. Rispetto ai famosi
scrutini, condotti dai catechisti laici per valutare la maturazione
degli aderenti al Cammino, i vescovi invitavano i responsabili ad
evitare "tutto ciò che può dare l'idea di un procedimento
inquisitorio" e stabilendo perentoriamente che i catechisti che
"in occasione degli scrutini per i vari passaggi devono astenersi
dall'entrare nel campo più intimo delle coscienze". Infine
proibivano di celebrare messe riservate (al sabato ed a Pasqua)
per le sole comunità neocatecumenali, obbligando il Cammino
ad aprire le proprie celebrazioni a tutta la comunità parrocchiale.
Pochi giorni dopo, il 18 dicembre 1996 mons.
Pietro Nonis, vescovo di Vicenza, inviò una lettera
ai parroci della sua diocesi, chiedendo loro di "inserire il Cammino
nella programmazione parrocchiale", di fare in modo che la presenza
neocatecumenale fosse una delle possibili offerte, subordinando
l'avvio di nuove catechesi "alla informazione ed approvazione del
vescovo". Nonis decretava poi il divieto di celebrare messe riservate.
Il 10 dicembre del 1997 l'allora arcivescovo di Torino, il card.
Giovanni Saldarini, inviò una lettera a don
Gino Conti, autore del libro "Un segreto svelato", dai
toni molto critici verso il Movimento neocatecumenale, scrivendo
che quel libro "costituisce un'ottima docu-mentazione per quanti
vogliono conoscere stile e dottrina del Movimento Neocatecumenale
e invita ad un atteggiamento di attenzione critica per certi sconfinamenti.
Un libro da far conoscere".
L'arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini,
in una intervista concessa al settimanale cattolico inglese "The
Tablet" il 29 ottobre 1999 (v. Adista n. 81/99), tra le altre cose,
affermava di non condividere il fatto che i neocatecumenali conducano
una vita liturgica separata da quella della comunità parrocchiale:
"sono pronto ad accettare che un gruppo neocatecumenale abbia la
sua veglia pasquale per due o tre anni; la parrocchia può
imparare da esso e rendere più vitale la veglia. Ma dopo
i neocatecumenali devono unirsi alla parrocchia. Quello che non
accetto è che debbano avere una liturgia speciale per anni
ed anni". Si arriva così a dicembre del 2001 quando l'arcivescovo
di Catania, mons. Luigi Bommarito,
scrive ai neocatecumenali (e, per conoscenza, a tutti i preti della
diocesi) una durissima lettera che condanna molti aspetti del Movimento
(v. numero 10 allegato a questo).
In Italia alcuni preti e laici usciti dal Movimento neocatecumenale,
raccontano i retroscena del Cammino su internet.
L'indirizzo: www.geocities.com/Athens/Delphi/6919. Il sito è
corredato da una ricca documentazione e riporta ampie parti delle
catechesi segrete.
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31214. ROMA-ADISTA.
Ma l'opposizione al Movimento neocatecumenale (v. notizia
precedente) travalica ampiamente i confini nazionali. Nel 1996 il
cammino si interruppe in Inghilterra. Il card.
Basil Hume, primate della Chiesa cattolica d'Inghilterra,
si rifiutò di ordinare preti quindici seminaristi di formazione
neocatecumenale (v. Adista n. 67/96 e "Jesus" del gennaio 1997).
La motivazione fu che questi seminaristi, una volta ordinati, avrebbero
avuto come punto di riferimento, più che il proprio vescovo,
i capi delle loro comunità, creando così problemi
all'interno della diocesi. L'anno prima (v. Adista n. 55/95), era
stato mons. Meryn Alban Alexander,
vescovo di Clifton, a vietare la diffusione del Movimento all'interno
della sua diocesi. Nel marzo '94 lo stesso Alexander aveva promulgato
un decreto che imponeva per dodici mesi forti restrizioni al Movimento:
nessuna nuova catechesi, niente veglia pasquale o messa del sabato
separata dal resto della comunità ecclesiale. Alla fine del
'96 (v. Adista n. 79/96), nella diocesi di Clifton vennero pubblicati
i risultati di una inchiesta sul Movimento voluta dal vescovo, attraverso
una commissione presieduta da Tom Millington
(membro del Lord Chancellor's Department) ed insediatasi nel gennaio
di quello stesso anno. Tale inchiesta si avvalse di incontri con
membri del Movimento, parroci, sacerdoti, parrocchiani. Le conclusioni
non furono incoraggianti per i seguaci di Kiko: nessuna nuova vitalità
portata nelle comunità parrocchiali dal Cammino, ma anzi
divisioni e danni apportati dall'introduzione dell'esperienza nella
diocesi e nella comunione col vescovo.
Un articolo di estrema durezza contro il Movimento, definito senza
mezzi termini "setta cattolica", comparve sul "Sunday Times" il
23 aprile del 1995, a firma Lesley Thomas.
In esso si diceva che alcuni fuoriusciti parlavano "di matrimoni
combinati, di lunghi interrogatori da parte dei catechisti, capi
autoritari della setta".
E una pietra sopra sul Movimento l'hanno messa anche a Berlino,
sempre nel 1996, a giugno, quando l'allora cancelliere tedesco Helmut
Kohl (v. Adista n. 71/96) bloccò la cessione di
un terreno al Movimento neocatecumenale. Approfittando del fatto
che in quel periodo Giovanni Paolo II
era in visita pastorale in Germania, mons.
Paul Josef Cordes (vicepresidente del Pontificio Consiglio
per i Laici e sponsor dei neocatecumenali,
incaricato ad personam per l'apostolato
delle comunità del Cammino), convinto di ottenere facilmente
l'appoggio di Kohl, aveva pensato di fare un "piccolo regalo" al
Movimento ed al papa, facendo posare al pontefice la prima pietra
di un nuovo seminario Redemptoris Mater.
Ma gli andò male, sia con Kohl che con il capitolo del duomo
di Berlino, guidato dal card. Georg Sterzinsky,
che non avviò la costruzione del seminario per mancanza di
fondi. Dichiarò in quel periodo il suo vicario generale,
mons. Roland Steinke: "Non intendiamo
attribuire alla comunità neocatecumenale alcuna particolare
significatività. Nella Chiesa ci sono gruppi di sinistra
e gruppi di destra, e tra questi anche i neocatecumenali. Le proporzioni
devono essere salvaguardate".
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31215. ROMA-ADISTA.
Quando progettò il Cammino neocatecumenale Kiko
Argüello partì dall'idea
che il battesimo ricevuto appena nati fosse come un seme non sviluppato,
e perciò necessitasse di essere coltivato mediante un apposito
cammino, da lui chiamato Neocatecumenato e diviso in più
fasi. La prima è quella kerigmatica: i catechisti del movimento
annunciano l'inizio di un corso di catechesi per adulti in parrocchia.
Spesso vengono affissi nei quartieri manifesti con scritte del tipo
"Dio ti ama", corredate da qualche immagine sacra (spessissimo una
madonna con bambino dipinta da Kiko stesso). Durante le catechesi
non si parla mai della possibile adesione dei partecipanti ad un
nuovo movimento, anzi, le catechesi sono condotte senza che si faccia
mai cenno al Cammino. Dopo circa due mesi c'è la prima "Convivenza",
ossia un fine settimana in cui i partecipanti alle catechesi fanno
un ritiro spirituale nel quale i catechisti propongono l'adesione
al Cammino. Quelli che decidono di rimanere fondano una comunità.
Dopo la fase del precatecumenato, che verifica la statura della
fede dei membri del gruppo, c'è il "passaggio al catecumenato".
Durante questa fase si compie la redditio,
ossia il racconto pubblico del proprio cammino di conversione, cui
segue la traditio, il compito
di convertire persone all'esterno della comunità. Passando
per l'elezione, che è il tempo della catechesi più
profonda, si giunge infine al rinnovamento delle promesse battesimali,
nel quale si prende nuovamente coscienza della realtà del
battesimo. I passaggi da una fase all'altra non sono automatici,
ed anche i tempi variano molto a seconda dei casi. I giudici inappellabili
della maturazione nella fede dei singoli membri della comunità
non sono i presbiteri, che hanno un ruolo molto marginale nelle
comunità, ma i catechisti, i quali condizionano il passaggio
ad un livello superiore del cammino al superamento di uno scrutinio.
Lo scrutinio è una interrogazione pubblica nel corso del
quale il catechista può indagare i candidati fin nella loro
sfera più intima e personale. Sono in molti a lamentarsi
del tono inquisitorio delle interrogazioni dei catechisti, giudici
delle coscienze, i quali pretendono confessioni pubbliche complete.
Dicono a chi sta loro davanti che è come se parlassero davanti
alla croce di Cristo: non si può mentire, non si può
omettere nessun particolare. Succede spesso che uomini e donne siano
spinti a dire tutto ciò che pensano di fronte ai propri amici
e familiari. Soprattutto i membri della Comunità sono invitati
a rinunciare a quelli che Kiko chiama gli "idoli" (che a volte,
oltre al denaro o al sesso, possono anche essere l'attaccamento
alla famiglia, agli interessi, alla carriera), ed a donare la decima
parte del loro reddito alla Comunità, per dimostrare che
non si soggiace al "mammona" di cui parla il Vangelo. Ma molti vengono
anche indotti a donare al Cammino beni familiari di ingente valore.
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31216. ROMA-ADISTA.
Sul metodo educativo dei neocatecumenali (v. notizia precedente),
si è soffermato il settimanale "Avvenimenti", che il 18 ottobre
1995 ha pubblicato alcune testimonianze di ex aderenti al Movimento:
"Io ho fatto due scrutini ad alta voce, davanti a 60 persone che
non hanno l'obbligo del segreto. I catechisti ti dicono che sei
davanti alla croce, devi parlare di te, di quello che eri, dei tuoi
idoli, di come e se li hai domati. E tu cominci a parlare. Ma non
basta, l'interlocutore mette il dito sempre più a fondo,
vuole sapere le cose più profonde; quando ho detto che la
mia vita era stata vissuta per i figli e per il marito, che ora
cercavo di amare come un fratello in Cristo, mentre prima lo temevo
un po' e ne ero dipendente, mi ha risposto: 'tu non ami tuo marito'.
Figuratevi a quel punto il giudizio del maxicatechista, il mormorio
dei fratelli, il marito che si fa rosso di furore". All'interno
del Movimento, inoltre, i catechisti predicano una morale molto
rigida rispetto alla sessualità: il divieto di qualunque
metodo contraccettivo, compresi quelli "naturali" che la Chiesa
cattolica ha sempre ammesso, perché i neocatecumenali ritengono
che ci si debba affidare totalmente alla volontà di Dio.
Senza eccezioni. Sullo stesso numero di "Avvenimenti" un'altra testimone
denunciò: "Quelli che sono nel Cammino pagano un prezzo altissimo.
Una madre di sei figli, che rischiava la vita con un altro figlio,
'dovendosi aprire alla vita' è morta. Il marito però
è nella pace".
C'è poi la vicenda di Augusto Faustini,
romano, neocatecumenale "pentito", e proprio per questo allontanato
dalla sua stessa famiglia, perché all'interno del movimento
ciascuno ha l'obbligo di evangelizzare i propri familiari, ma se
non vi riesce spesso la convivenza familiare è irrimediabilmente
compromessa. Faustini ha recentemente scritto un dossier,
dal titolo "La tela del ragno", in cui racconta la sua esperienza
e attraverso di essa, tenta di dare una valutazione complessiva
del cammino: "Col passare degli anni, gli adepti diventano un gruppo
fisso, granitico, capace di imporre l'obbligo di sposarsi nell'interno
del gruppo ("endogamìa"), dicendo esplicitamente: "sposate
le figlie di Israele". Chi si fidanza con una ragazza o con un ragazzo
esterno alla sètta, non viene lasciato in pace finché
non costringerà anche l'altro/a ad entrare nel loro Movimento.
Chi non riesce nell'intento di cui sopra sarà costretto ad
abbandonare il "paradiso neocatecumenale", ma con atroci sofferenze
psicologiche, perché nel frattempo sarà stato convinto
che solo con i catecumenali ci può essere il vero, autentico
cristianesimo! Stessa cosa avviene per gli sposati. Quando uno dei
due coniugi è stato reso fanaticamente schiavo della loro
organizzazione (cosa che accade più spesso di quanto non
si creda), arrivano persino a farli vivere separati a vita (divorzio
di fatto) se l'altro coniuge non apprezza la "comunità":
ed è proprio quanto è successo a chi scrive. Il giorno
27 aprile 1992 alle ore 17, nella Chiesa di S. Leonardo Murialdo,
ex S. Tito, in via Pincherle, una traversa di viale Marconi, zona
sud di Roma, l'allora parroco in carica, padre Domenico Paiusco,
ordinò a me di vivere il resto dei miei giorni lontano da
casa mia, dai miei figli e da mia moglie perché, con la mia
opposizione alla organizzazione Neo Catecumenale, mi ero messo contro
la Chiesa Cattolica! La decisione era stata presa dai massimi "catechisti"
della diocesi di Roma ed era irrevocabile! Feci presente che il
mio e suo vescovo di settore, lo aveva pregato di fare il contrario,
ma lui rispose che ubbidiva solo alla sua coscienza (in effetti
ubbidiva al vertice della organizzazione!). Nessuno ebbe il coraggio
di opporsi a tale decisione: né moglie, né figli,
né mons. Riva, il vescovo di Settore!".Anche per chi non
ha parenti all'interno del Cammino uscire dal Movimento non è
tanto facile. Faustini sottolinea il legame di dipendenza che si
crea con i membri della Comunità, acuito dal fatto che essi
sono a conoscenza dei segreti più intimi, rivelati nelle
confessioni pubbliche. Se qualcuno lascia, lo fa nella riprovazione
generale e, se non desiste dal suo proposito, viene completamente
emarginato dai suoi ex amici. Non mancano i toni minacciosi. Faustini
cita le parole contenute negli scritti di Kiko: "Diventerai un uomo
disgraziato, non servirai a nulla, perché se almeno fossi
come quelli che non hanno conosciuto il catecumenato e non sanno
nulla, allora ti alieneresti con la Tv o diventeresti socio della
Roma e te ne andresti con grande illusione a vederla giocare ogni
domenica. Ma tu sei stato marcato a fuoco e questo non te lo può
togliere nessuno". E insiste: "Se andate via, il sangue di Gesù
Cristo per la nostra testimonianza ricadrà su di voi".
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31217. ROMA-ADISTA.
Tra gli errori dottrinali che il Vaticano rimprovera al Cammino
neocatecumenale vi sono soprattutto le teorie di Kiko
Argüello e Carmen Hernandez
su eucarestia e penitenza. All'interno del movimento si relativizza
l'importanza della presenza reale di Cristo nell'eucarestia (la
transustanziazione, cioè la trasformazione del pane e del
vino nel corpo e nel sangue di Gesù) rispetto alla presenza
spirituale di Gesù, ritenuta l'unica veramente importante
perché segno del mistero pasquale della resurrezione. Parlando
del pensiero di Kiko sull'eucarestia don
Elio Marighetto, nel suo libro "Segreti del cammino Neocatecumenale",
afferma: "Se non c'è cambiamento di sostanza (transustanziazione)
ma solo di significato in vista della celebrazione (transfinalizzazione),
allora nei frammenti eucaristici avanzati non ci sarebbe più
la presenza del Cristo, perché questi cesserebbero di simboleggiare
la sua presenza. Non dovremmo preoccuparci per le briciole, e tanto
meno di conservare le ostie dopo la celebrazione. Kiko e Carmen
non capiscono e perciò rifiutano la transustanziazione che
non spiega, ma descrive il mistero che noi accettiamo con atto di
fede. (…) Kiko e Carmen ritengono che la presenza reale di Gesù
nelle specie eucaristiche sia soltanto in funzione della celebrazione.
Per loro non c'è più presenza reale di Gesù
nelle 'ostie' (e tanto meno nei 'frammenti') dopo la celebrazione:
pertanto chi le adora fuori della messa è da riprovare".
E infatti don Elio racconta che all'interno delle comunità
non ci si preoccupa di raccogliere le briciole del pane consacrato.
Sulla penitenza è ormai noto come i neocatecumenali pongano
l'accento essenzialmente sulla confessione comunitaria e pubblica
dei peccati, piuttosto che sulla confessione resa al sacerdote.
In più nella confessione comunitaria è il catechista,
e non il presbitero, ad interrogare ed a guidare spiritualmente
i membri del Cammino. Marighetto afferma che per Carmen "il peccato
ha solo una dimensione sociale e, quindi, anche la conversione dovrà
riguardare la società. Secondo lei, l'offeso non è
Dio ma la Comunità, e quindi sarà la Comunità
a perdonare e ad assolvere. La cosa, però, non è poi
importante perché in Gesù siamo già stati perdonati".
Per i fondatori del Movimento, spiega più avanti Marighetto,
la dimensione reale del peccato è quella sociale e mai quella
individuale; inoltre, prosegue, "per Kiko l'uomo sarebbe costretto
a peccare: la sua natura non gli permetterebbe di compiere il bene.
Sarebbe quindi vano ogni suo sforzo di correggersi". Tra l'altro
i fondatori del Cammino hanno una concezione radicalmente pessimista
sulla possibilità dell'uomo di evitare il male e di poter
scegliere liberamente nella loro vita, per cui, dice Marighetto
"secondo Kiko e Carmen, la conversione non consiste tanto nel dispiacere
d'aver offeso Dio e nel proposito d'emendarsi, ma semplicemente
nel riconoscimento (anche pubblico) delle colpe commesse e nella
totale fiducia nella potenza salvifica di Gesù Risorto. Di
conseguenza non avrebbe senso insistere sulla Penitenza perché
la Santità non è possibile".
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